L'entropia è uno dei concetti più affascinanti della fisica che trova risvolti nella vita di tutti i giorni. Un concetto che può applicarsi un po' ovunque, in ogni campo. Un po' come il sale nell'alimentazione.
Ora vorrei accostarlo all'ambito della realizzazione artistica, o meglio al perseguimento della "fama". Fama comunque intesa, certamente, ma soprattutto intesa come riconoscimento da parte del pubblico del lavoro di un artista.
Non ci sono formule matematiche per il raggiungimento della "fama", ne tantomeno formule magiche, ma c'è una cosa soltanto: il lavoro.
Il lavoro, sempre tornando alla metafora della fisica, è entropia negativa. Il lavoro è ordine, in contrasto con il disordine che è conseguenza dell'entropia. Ordine e disordine sono le due forze fondamentali contrapposte. In questo caso potremmo dire che la conoscenza è ordine, l'ignoranza è disordine.
Tanti concetti, questi, che sono frutto e al tempo stesso conseguenza ed espressione sempre dello stesso concetto originale: entropia. Si possono usare tante parole differenti e usarle per scopi differenti, ma l'archetipo è lo stesso.
Tornando alla "fama" vediamo quindi che essa non è altro che una costruzione prodotta dal lavoro.
Ma una volta prodotta la fama questa va difesa, proprio per contrastare l'azione della dispersione nel caos in perenne aumento. Come precedentemente detto e ripetuto la fama va difesa proprio perchè la caratteristica principale dell'entropia è quella di essere in perenne ed irreversibile espansione. Dico irreversibile nel suo complesso, ma reversibile, tramite il lavoro, nello specifico dettaglio, ovviamente. Solo il lavoro può contrastare il processo entropico.
Per quanto un artista abbia raggiunto fama e gloria, il suo destino rimane segnato. Quando il poeta Keats era all'apice della sua gloria, scrisse dei memorabili versi in cui esprimeva la sua angosciosa presa di coscienza il suo destino futuro. "Qui giace colui il cui nome fu scritto sull'acqua". Questo il suo epitaffio da lui voluto per la sua tomba. Così esprimeva la propria coscienza della temporaneità della propria fama. Una fama che per essere raggiunta richiese tanto lavoro. Un lavoro svolto in prima persona, certo, ma anche da tanti altri attori più o meno noti. Chi sarebbe Keats senza i professori che ne insegnino la grandezza? Cosa rimarrebbe di lui se non ci fossero editori a pubblicarne i versi?
Pertanto lo spunto di riflessione dovrebbe essere chiaro a tutti. Niente accade per caso. Niente succede senza che dietro vi sia un grande lavoro. E una volta che le cose sono state fatte e gli obiettivi raggiunti, ci vuole tanto lavoro per mantenere la posizione raggiunta.
Quindi ... Buon lavoro.