lunedì 16 settembre 2019

Per un etica dell'arte

Possiamo chiedere un po' di decenza per non svilire istituzioni culturali di alto profilo come la Biennale di Venezia?
Se la simonia portò grande sconquasso in una istituzione come la Chiesa Cattolica, fenomeni analoghi si assistono da anni nel settore delle arti visiva senza che un Savonarola si scagli con sufficiente livore contro la decadenza dei costumi.
Purtroppo Napoleone III con la sua lungimirante e scellerata decisione di aprire il "Salon des Refusés" aprì la strada, un lungo percorso per fortuna, fino a quello che oggi sembra essere lo slogan degenerato post avanguardie storiche: "questo lo so fare anch'io, lo faccio e lo espongo in Biennale".
Infatti ricevo periodicamente messaggi che ne sono la logica conseguenza:


Appare evidente che "Se vuoi, puoi", anche se per far posto a tutti si deve aspettare il proprio turno come alla toilette.
Ma pagando ti puoi mettere in coda e lasciare la tua traccia in un prestigioso padiglione del luogo sacro per l'arte moderna, espressione del proprio tempo da oltre un secolo. Non solo, ma ottieni anche dei punti fedeltà accumulando sconti come in un supermercato, il "supermercato della Fama", un fenomeno simoniaco lampante e palese per chi dell'arte ha un'idea di sacralità.


Per non parlare poi dei ricchi cotillons che puoi racimolare nei tuoi personali memorabilia da mostrare a parenti e amici adulatori.
Basta avere un po' di soldi e la foto ricordo allieterà il salotto buono di casa sotto al migliore dipinto. Un altarino auto celebrativo che da un ulteriore spintone alla serietà della categoria. Diplomi, foto con strette di mano e abbracci di personaggi famosi che si prestano prezzolati a diffondere benedizioni.

O tempora, o mores