Roma: nel 2016 gli italiani hanno speso 68,4 miliardi, e li hanno spesi in cultura. Non sembra, ma questi sono i dati ufficiali dati da Federculture nel suo rapporto annuale. Non male, visto che rappresenta una media di 130 euro al mese a famiglia. Ma ... c'è sempre un ma in queste cose. Trilussa lo sapeva e il suo "pollo" c'è sempre qualcun'altro che lo mangia. Infatti ben il 37,4% degli
italiani, che sarebbe a dire una famiglia su tre, non prende parte al banchetto culturale. Ma il dato più allarmante è che si tratta di una percentuale in crescita. Se, come tutti gli indicatori economici rilevano da anni, la classe media sta riducendo le proprie schiere arretrando economicamente e la concentrazione economica amplia il divario tra benestanti e indigenti, questo si manifesta maggiormente sul piano culturale. Il 50% delle famiglie a basso reddito non hanno alcun consumo culturale: niente cinema, teatro, visite a musei o acquisto di libri. E se si considera il "consumo sporadico" si arriva al 70% della popolazione. Quasi due terzi degli italiani hanno sporadicamente consumi culturali. Per non parlare della lettura, fanalino di coda del consumo culturale. Secondo l'Aie la quota di italiani che leggono almeno un libro l’anno è scesa al 40,5% della popolazione.
Uno squilibrio di consumi culturali che, oltre che per reddito, si manifesta anche geograficamente. Da nord a sud il divario cresce in maniera allarmante.
Come arginare tale degrado della nostra società?
Al di là della facile soluzione di aumentare la ricchezza delle famiglie per aumentarne i consumi in generale, cosa certamente auspicabile, quali provvedimenti possono essere presi?
Una riflessione in questo blog era stata fatta al seguito dell'auspicio espresso da Lidia Ravera di un sostegno economico alla produzione culturale, affrontando prevalentemente l'aspetto delle arti figurative, che mi sono più care. Ma a questo punto la riflessione va ripresa e rilanciata a fronte di questo drammatico quadro di riferimento.
Se la gente ha fame, non si deve finanziare la produzione alimentare, anche perchè non è la carenza di cibo che provoca la fame, ma la carenza di mezzi economici per saziarsi. Così dovrebbe essere inteso un vero intervento dello stato. Qualcosa in analogia con i food stamps americani, che hanno aiutato 47 milioni di americani ad integrare la loro dieta forzata, è stato introdotto in Italia, per la cultura, con il bonus erogato a pioggia ai diciottenni; ma credo che questo non basti, anche se aiuta.
Gli interventi devono essere ad ampio raggio. Devono coinvolgere in primo luogo le istituzioni scolastiche perchè i giovani sono i primi a dover essere ben nutriti, poi estendersi a macchia d'olio.
Come? Le ipotesi sono tante, e si potranno inventare soluzioni con un poco di fantasia.
Come? Le ipotesi sono tante, e si potranno inventare soluzioni con un poco di fantasia.