Con il titolo: "A study on the financial state of visual artists today" (https://thecreativeindependent.com/artist-survey/), "The creative indipendent", una pubblicazione di Kickstarter, azienda leader del crowdfunding, pubblica un articolato studio sulla condizione dei creativi delle arti visive nel mondo. Circa mille persone hanno risposto al questionario.
Senza entrare troppo nel dettaglio di tutti i dati, che possono essere letti e scaricati dal loro sito, la prima cosa che mi è saltata agli occhi è che forse le modalità di intervista abbia condizionato anagraficamente la platea del campione intervistato dando una visione un po' distorta della realtà.
Considerando che il 37% si dedica alla produzione artistica da 1 a5 anni, il 29% dai 5 ai 10 anni, il 22% da 10 a 20 anni, solo il 6% dai 20 ai 30 e il 4% da più di 30 anni, si vede bene che il campione è composto principalmente da giovani (il 66% si dedica all'arte da meno di 10 anni), mentre solo il 6% è riuscito a superare i 20 anni di carriera. Una ecatombe? Un arrendersi prematuro? Non è dato da sapere.
Nonostante ciò è interessante vedere come le tradizionali due dimensioni rimangano in testa nella classifica delle modalità di espressione: 68%; mentre l'arte digitale supera di poco la scultura: 34% rispetto al 31%; mentre i designers e i performers rimangono in coda con il 18 e il 16%, superati di poco dai video artisti (27%). Vista la platea di giovani ci si sarebbe potuto aspettare ben altri risultati.
Un' altra cosa che stupisce, e che potrebbe rendere meno attendibile l'indagine, è che il 50 % delle risposte viene da donne, il 40 da uomini, il 5% da bisessuali e il 5% che non vogliono dichiararsi. Dico che la cosa che stupisce è proprio l'alta presenza della componente femminile del campione. Nei licei e nelle accademie questo può tranquillamente essere vero, ma nel "mondo del lavoro" questa massiccia presenza non risulta affatto. Basta prendere un catalogo d'asta, dare una scorsa ai nomi di una rassegna d'arte o ad un libro di storia dell'arte, per rendersi conto di come i risultati delle interviste siano falsati probabilmente dal mezzo di comunicazione e dalla forte compagine degli esordienti. Un'altra ipotesi potrebbe far dipendere la diminuzione della componente femminile dalle schiere di artisti è che esse vengano falcidiate dopo i 10 anni d'attività. Va bene per loro lo studio, l'inizio della carriera passi, ma non la matura professione (quella che fa durare l'artista nei secoli). Il panorama rimane quindi sessista non per vocazione, ma per selezione naturale.
Altra ipotesi è che il dato distorto del campione preso in esame dipenda prevalentemente dall'area geografica: il 75% del campione risponde dagli USA, il resto da Inghilterra (6%), Canada (4,5%), Francia (3%), Germania (2%), India (2%), Emirati Arabi (1%), Messico (1%) Australia (1%) e tutte le altre nazioni (4,5%). L'Italia è tra l'indistinto 4% di tutte le altre nazioni. Anche questa marginalità dell'Italia risulta un fatto particolare. Il paese dove nasce il Rinascimento, che ha la maggior concentrazione di beni culturali, viene annoverato nell'indistinto panorama artistico descritto come "altre nazioni".
Senza entrare troppo nel dettaglio di tutti i dati, che possono essere letti e scaricati dal loro sito, la prima cosa che mi è saltata agli occhi è che forse le modalità di intervista abbia condizionato anagraficamente la platea del campione intervistato dando una visione un po' distorta della realtà.
Considerando che il 37% si dedica alla produzione artistica da 1 a5 anni, il 29% dai 5 ai 10 anni, il 22% da 10 a 20 anni, solo il 6% dai 20 ai 30 e il 4% da più di 30 anni, si vede bene che il campione è composto principalmente da giovani (il 66% si dedica all'arte da meno di 10 anni), mentre solo il 6% è riuscito a superare i 20 anni di carriera. Una ecatombe? Un arrendersi prematuro? Non è dato da sapere.
Nonostante ciò è interessante vedere come le tradizionali due dimensioni rimangano in testa nella classifica delle modalità di espressione: 68%; mentre l'arte digitale supera di poco la scultura: 34% rispetto al 31%; mentre i designers e i performers rimangono in coda con il 18 e il 16%, superati di poco dai video artisti (27%). Vista la platea di giovani ci si sarebbe potuto aspettare ben altri risultati.
Un' altra cosa che stupisce, e che potrebbe rendere meno attendibile l'indagine, è che il 50 % delle risposte viene da donne, il 40 da uomini, il 5% da bisessuali e il 5% che non vogliono dichiararsi. Dico che la cosa che stupisce è proprio l'alta presenza della componente femminile del campione. Nei licei e nelle accademie questo può tranquillamente essere vero, ma nel "mondo del lavoro" questa massiccia presenza non risulta affatto. Basta prendere un catalogo d'asta, dare una scorsa ai nomi di una rassegna d'arte o ad un libro di storia dell'arte, per rendersi conto di come i risultati delle interviste siano falsati probabilmente dal mezzo di comunicazione e dalla forte compagine degli esordienti. Un'altra ipotesi potrebbe far dipendere la diminuzione della componente femminile dalle schiere di artisti è che esse vengano falcidiate dopo i 10 anni d'attività. Va bene per loro lo studio, l'inizio della carriera passi, ma non la matura professione (quella che fa durare l'artista nei secoli). Il panorama rimane quindi sessista non per vocazione, ma per selezione naturale.
Altra ipotesi è che il dato distorto del campione preso in esame dipenda prevalentemente dall'area geografica: il 75% del campione risponde dagli USA, il resto da Inghilterra (6%), Canada (4,5%), Francia (3%), Germania (2%), India (2%), Emirati Arabi (1%), Messico (1%) Australia (1%) e tutte le altre nazioni (4,5%). L'Italia è tra l'indistinto 4% di tutte le altre nazioni. Anche questa marginalità dell'Italia risulta un fatto particolare. Il paese dove nasce il Rinascimento, che ha la maggior concentrazione di beni culturali, viene annoverato nell'indistinto panorama artistico descritto come "altre nazioni".
Qualora si dovesse ribilanciare per area geografica il peso del campione, forse le cose sarebbero diverse.
Detto ciò, lascio riflettere sulla questione in attesa di altre illuminazioni.