martedì 14 febbraio 2023
Il Metaverso esiste
giovedì 9 giugno 2022
NFT come estrema evoluzione della finanziarizzazione del mercato
Dall'invenzione del computer il limite é diventato esterno alla macchina, sia essa hardware che software. La complessità funzionale si é estesa con il lavoro svolto da migliaia di operatori che si muovono in ordine sparso in una completa anarchia (anche se forse qualche deus ex machina o "potere forte" ci mette di tanto in tanto lo zampino, orientando in direzioni individuate scientemente o incoscientemente).
lunedì 20 settembre 2021
Chi ha paura del virtuale?
Ogni tanto mi capita di parlare con delle persone spiegando loro cosa faccio da un po' di tempo a questa parte. Inizialmente mi guardano straniti e poi immancabilmente mi replicano:
"Ma io preferisco vedere un opera d'arte dal vero".
E io replico:
"Io pure"
E che altro si può dire se non che è un equivoco, un falso problema paragonare le due cose. Soprattutto è un grave errore considerarle antitetiche, si rifiutano a priori le potenzialità di uno strumento complementare, così come possono essere considerati complementari ad una mostra il suo catalogo, l'audioguida e i pannelli che si pongono all'ingresso delle varie sale che spiegano e guidano.
venerdì 28 maggio 2021
Sul valore economico delle opere d'arte
Argomento spinoso quello della valutazione economica di un'opera d'arte.
Pertanto potrebbe essere sintetizzato così: "NO COMMENT"
Fate Voi le vostre deduzioni.
mercoledì 9 dicembre 2020
Non si fanno grandi numeri in arte
No, non si fanno grandi numeri in arte.
Ho appena seguito un primo incontro organizzato dal Museo del 900 di Milano. L'istituzione più importante milanese per quanto riguarda l'arte moderna. Una diretta streaming sul canale Youtube. Qualcosa che poteva essere seguito da tutti gli Italiani da tutto il mondo. Mi limito agli italiani in quanto la conferenza era in italiano.
Eravamo in pochi. mediamente 140.
venerdì 16 ottobre 2020
Il carico armonico e la via del successo
Premetto che il successo arriva sempre a chi se lo merita, ma non sempre chi si meriterebbe il successo riesce a raggiungerlo.
In questo blog ho postato diversi "consigli per gli artisti". Forse sono solo luoghi comuni riportati in maniera confusa e disordinata, forse sono solo parole al vento, ma credo vengano da anni di riflessioni, successi e fallimenti osservati e vissuti.
Oggi mi preme ribadire che alcuni fenomeni della fisica andrebbero presi in considerazione con maggiore attenzione traslandoli nei comportamenti degli artefici del proprio successo per il conseguimento del loro scopo.
Il fenomeno di oggi è il "carico armonico" e le conseguenze di questo sulla carriera.
Il "carico armonico", nella fisica statica, è quella soma di forze che vengono applicate ad una struttura elastica. L'energia residuale, terminata ogni applicazione della forza, viene a sommarsi alla successiva applicazione della forza stessa, se questa forza viene applicata al momento giusto. Dopo un certo lasso di tempo la forza applicata, anche se di modesta entità, ha l'effetto di una forza enormemente maggiore della singola forza applicata.
Un esempio classico è la brezza che abbatte il ponte di Takoma:
Una piccola brezza che in poco tempo ha un effetto devastante su una struttura imponente.
Pertanto agite come quel vento per abbattere il muro dell'indifferenza per il vostro lavoro. Non è uno sforzo enorme. Bastano tanti piccoli sforzi applicati nella giusta direzione, ma soprattutto con la giusta costanza.
sabato 23 novembre 2019
Il triangolo semantico
Il segno è qualcosa che sta per qualcos'altro, per qualcuno, in qualche modo.
Il relativismo che si solleva con questo assunto ci porta a pensare che il detto talmudico ripreso da Anais Nin: "Noi non vediamo le cose come sono, vediamo le cose come siamo" sia sempre più attuale e condiviso.
lunedì 16 settembre 2019
Per un etica dell'arte
Se la simonia portò grande sconquasso in una istituzione come la Chiesa Cattolica, fenomeni analoghi si assistono da anni nel settore delle arti visiva senza che un Savonarola si scagli con sufficiente livore contro la decadenza dei costumi.
Purtroppo Napoleone III con la sua lungimirante e scellerata decisione di aprire il "Salon des Refusés" aprì la strada, un lungo percorso per fortuna, fino a quello che oggi sembra essere lo slogan degenerato post avanguardie storiche: "questo lo so fare anch'io, lo faccio e lo espongo in Biennale".
Infatti ricevo periodicamente messaggi che ne sono la logica conseguenza:
domenica 30 giugno 2019
Può il decostruttivismo essere considerato la chiave di lettura di tutta l'arte moderna?
Vediamo, ... ma forse si. Partiamo da alcuni esempi.
Andy Warhol decostruisce la propria società, la società dei consumi, quell'American Way of life in cui i suoi genitori si sono proiettati da immigrati, viene presa, smontata nei suoi simboli iconici e ricostruita in una moltiplicazione sgargiante di immagini senza mezzi toni, di forte connotazione grafica.
Warhol fa a pezzi il suo mondo, ne prende i brandelli e i brandelli diventano icone, feticci. I feticci quindi si moltiplicano all'infinito.
Andy Wahrol opera così una decostruzione sia semantica che topica nello stesso tempo.
L' esempio della decostruzione semantica l'attua astraendo l'immagine-segno dal significato comune e dandole regole nuove, trasformandola così in altro.
La banconota da $1, per esempio. Oppure la sedia elettrica.
La decostruzione topica l'attua quando riproduce delle scatole di
detersivo per collocarle in una galleria. Una decostruzione già operata in passato da Duchamp e la sua fontana.
E questo processo astrazione semantica e ricollocazione topica lo porta avanti fino alle ultime opere del Vesuvio e dell' ultima cena.
Tutto il suo lavoro parte da questo schema creativo semplice e meccanico. Un meccanismo un po' autofago dove l'originalità si stempera nella serialità, e la serialità stessa diventa essa stessa atto creativo. Non sarebbe un'opera di Wharol se non fosse moltiplicata identica e nelle sue varianti. E anche qui la decostruzione opera il suo ruolo: l'originalità, che per antonomasia si dovrebbe applicare all'unicità, qui si manifesta nella sua serialità. Wharol genera il proprio mondo con le proprie regole, ed in ciò risiede il suo valore artistico.
Ma questa sua produzione si auto demolisce quando cerca di rappresentare la realtà oggettiva. Questo intento lo introduce nei suoi film. "Building" o "Sleep", sono la realtà riportata in video: camera fissa e tempo reale. Nessun intervento artificiale esterno. Nessun movimento di macchina. Nessun taglio. La realtà si dipana sotto gli occhi dello spettatore. Nessun atto creativo se non nell'azione taumaturgica dell'idea dell'artista che genera l'opera.
Un po' come Piero Manzoni che con "Fiato d'artista" e "Merda d'artista" ci dice che è l'artista a fare un opera un opera d'arte; e
questo concetto lo sottolinea quando in galleria firma i visitatori rendendoli opere d'arte. Così come Rotella che a Carla Lonzi confessa il
potere magico delle sue mani che strappando la carta dei manifesti, rivela l'opera che vi si cela. E solo le sue mani d'artista hanno il potere di dare valore artistico a quanto si trova stratificato naturalmente sui muri delle nostre città.
In questi giorni un altro americano ci da una nuova versione di un processo di decostruzione: Jef Koons.
Se Wharol decostruisce scientemente il consumismo, Koons lo fa con qualcosa legato all'infanzia, ai giochi gonfiabili dei bambini. Lo schema del suo lavoro creativo non è dissimile da quello di Wharol: astrazione dell'immagine segno e ricollocazione topica in un contesto museale.
Non che Oldenburg sia da meno in questo, anzi. La varietà dei soggetti di Oldenburg rendono questa modalità di lettura dell'arte moderna maggiormente palese Una decostruzione completa della realtà per portarcela davanti agli occhi ricostruita a propria immagine.
martedì 21 maggio 2019
Long-term thinking
Una cosa ambiziosa se si pensa ai piani quinquennali dell'Unione Sovietica o della Cina. Ars Longa vita brevis dicevano gli antichi. Ora c'è qualcuno che questo detto l'ha preso alla lettera e sta programmando un nuovo umanesimo in un lasso di tempo ben più lungo della sua stessa vita e della vita stessa delle Nazioni e della società che noi conosciamo.
Chi mi ha fatto conoscere questo ambizioso progetto è un artista geniale: Brian Eno.
Dopo essere stato uno dei leader del gruppo Roxy Music, siede oggi nel board di una fondazione che si pone come obiettivo il miglioramento della società in cui si vive e in cui, soprattutto, si vivrà in futuro: The Long Now Foundation
Un approccio veramente rivoluzionario, visto che noi viviamo in una società fondata prevalentemente sul concetto distorto di "qui ed ora", dove il "qui ed ora" non è quello di Alan Watts, ma è prevalentemente inteso come una soddisfazione immediata di un bisogno egoista ed egocentrico. Oggi prevale una forma di opportunistica interpretazione del "qui ed ora" che non permette di vedere le conseguenze delle proprie azioni proiettate nei tempi futuri. Vivere l'oggi per l'oggi è comodo anche se miope.
La fondazione si pone quindi degli obiettivi di grande rispetto ed ambizione. Farci pensare a lungo termine significa molte cose.
Se il monito precedentemente dato poteva essere visto come un presuntuoso eccesso estenderlo così tanto, ben oltre lo scibile umano, come si pongono Eno e compagni, è qualcosa di grandiosamente artistico, utopico, è deliziosamente condivisibile.
Lunga vita a The Long Now Foundation . Accettiamo di buon grado questi illuminati pensatori. Gente in grado di sognare, progettare e costruire un orologio. Ma non qualcosa nella scala dimensionale comune. Un orologio che impiega un anno a fare un clic. Un orologio a cuckoo che cinguetta ogni 1000 anni per i prossimi 10.000 anni.
giovedì 16 maggio 2019
Oggi è il passato del tuo futuro
Dick Tracy - Wikipedia |
Ma quale è la misura di una certa età che ci vuole per vivere nel futuro del proprio passato?
Forse non si può dare una quantificazione certa a ciò: dipende da cosa si prende come riferimento del cambiamento. Un conto è la tecnologia, un'altro è l'arte, o l'estetica. Tutto cambia. "Pata rhei". Se uscissi ora con lo scontato e mai abbastanza ascoltato "Ars longa vita brevis" le reazioni potrebbero essere delle più disparate: qualcuno toccherebbe legno o ferro, qualcun altro scrollerebbe le spalle con uno sbuffo, qualcuno lancerebbe uno sguardo di compassione. Così mi fermo qui, pur non credendo di aver esaurito i luoghi comuni sull'argomento, ma accontentandomi di aver detto abbastanza per inquadrare il problema del presente in termini di memoria, solo per introdurre il concetto di presente come prodromo del futuro, di cui il titoletto del post.
Ora potrei anche uscire con un'altra serie di pistolotti e luoghi comuni del tipo: "chi ha tempo non aspetti tempo" e così via, ma altri consigli, certamente migliori del mio, sono stati dati in questo blog prendendo a prestito le esperienze di alcuni grandi come:
Stephen King,
Patti Smith,
David Byrne,
Carlos Cruz-Diez,
Yayoi Kuysama,
Marina Abramovic,
Ma sentendomi in obbligo di dare qualche altro consiglio a quanti hanno la pazienza di leggermi, esco con una paternale: "chi ha tempo non aspetti tempo".
Ora non aspettatevi un'altra caterva di luoghi comuni per sottolineare il concetto di "oggi" relativo al futuro. Spero non ci sia bisogno di proverbi, anche perchè vorrei andare un po' più in profondità; e per farlo vorrei ricordare il concetto ben espresso da Sartre con il suo "progetto di vita".
Quello di "progetto di vita" è un concetto affascinante e degno di riflessione quotidiana per tutti. Tutti infatti dovrebbero pensarci almeno cinque minuti al giorno, magari la mattina, momento in cui ci si guarda allo specchio impastati dal sonno, un sonno che sia quel sonno proprio dei "giusti", o quello "ristoratore" non importa; oppure, se non siete allodole ma usignoli, i cinque minuti li potete trovare prima di abbracciare Morfeo. Sarebbero i cinque minuti meglio spesi della giornata, proprio quelli sottratti alle orazioni, che nella nostra società laica sono rimaste appannaggio solo di pochi, che tra le altre cose vengono guardati con diffidenza dai più. Sarebbe una meditazione materialista e poco mistica, ma altrettanto utile.
Si tratta di inserire, insomma, le nostre azioni nel quadro di un progetto più o meno strutturato, un qualcosa che non sia una vanvera. Dovrebbe essere un progetto composto di sotto progetti e che che viene a comporre a sua volta un macro progetto, che in qualche modo si compone del nostro personale e dei personali progetti di altri che lo incrociano, lo condividono e ne partecipano modificandone forma, percorsi relazionali e strategie, ma tenendone presente l'obiettivo finale. Quell'obiettivo per cui tutte le nostre azioni prendono senso e possono giustificare la nostra esistenza.
Una progettazione a blocchi, per dirla con una analogia informatica della programmazione a blocchi, se vogliamo vederla con un'immagine attualizzata. In qualche modo qualcosa che ha a che fare sia con la logica booleana che l'insiemistica. Qualcosa che comunque sia sempre pronta ad accettare la "liquidità" della società post-moderna e del relativismo imperante ... (forse non chiarisce, ma poco importa, fa anche bela figura).
Meditate quindi. Programmate la vostra attività, in una prospettiva temporale lunga ed articolata. Fatelo ogni giorno e tenete ben presenti gli obiettivi che vi siete prefissati.
aloha
martedì 19 marzo 2019
Il pericolo della proliferazione delle case d'asta
Il pericolo della proliferazione delle case d'asta
Il caso degli USA e la piattaforma liveauctioneer.com
Forse non è così, e comunque anche chi vende Iphone a 50€ dovrebbe essere fermato, così come dovrebbero essere fermati questi diffusori di imbrogli.
L'opera quì illustrata riproduce un lotto in asta. Viene dichiarata opera eseguita da Basquiat
Jean-Michel Basquiat: Scull (sic)
Quindi un opera potrebbe essere allettante in considerazione che la contesa viene dichiarata partire da
STARTING BID
$2,000.00per poi arrivare a dire che, con un lungo giro di parole, a un osservazione attenta l'opera è nello stile.
Forse siamo di fronte a dei "falsi d'autore"? Ma questo non viene detto subito, lo si capisce solo ad attenta lettura. In ogni caso 2000$ per una copia non sono certo pochi.
Qui invece si viene ad offrire un nostro artista. Capogrossi, una bella carta.
Estimate $4,000 - $6,000
Il lotto riporta una lunga descrizione della storia dell'artista, ma non si dice se sia o meno un falso: controllate voi, sempre che il link sia ancora raggiungibile quando leggete.
mentre quest'opera è stata battuta in una casa d'aste italiana ... da notare che da noi ci sono anche riferimenti ad autentiche. Altra serietà. Una serietà che altri potrebbero non notare o giustamente valutare, visto che da noi la valutazione è 5 volte quella americana, una differenza notevole soprattutto se si pensa che l'asta americana parte da 500$
Questi sono solo due esempi, ma il sito è pieno di queste ... come definirle ... "patacche"?
Ovviamente non sarà tutto così. Magari si possono fare degli affari veramente, basta osare e arrischiarsi: osare magari per avere un De Chirico come questo per poco più di 3000euro:
domenica 17 febbraio 2019
sabato 19 gennaio 2019
La formula magica
La formula magica
Un algoritmo per il calcolo delle probabilità di successo
Recentemente, per strane circostanze, mi è stata formulata una domanda particolare: individuare degli artisti che potenzialmente potessero avere successo tra i venti e i cinquant'anni a venire. Un lasso di tempo ampio a sufficienza per poter far ricadere un numero di variabili di grande rispetto. Qualcosa che comporta le difficoltà collocabili tra il ritrovamento dell'ago nel pagliaio e il caos l'individuazione dell'origine della materia oscura.
In un primo momento ho cercato di evitare di dare una risposta adducendo l'ovvia impossibilità.
Poi, a mente fredda e più rilassato, ho cominciato a riflettere sul problema.
Sicuramente un metodo scientifico, che tenga in conto dei vari fattori concorrenti alla realizzazione di un successo artistico, si potrebbe anche trovare. Si tratta della "sfida delle sfide", l'apoteosi del criterio scientifico nella razionalizzazione dei processi rappresentativi della società moderna.
Quante metafore stupide ed ippiche. Mi sono sempre domandato perchè quei riferimenti all'ippica venivano sempre tirati in ballo, sia per il successo che per l'insuccesso (il "meglio che si dia all'ippica" è sempre presente).
Pressato dal fare un pronostico, non avendo sesti sensi da utilizzare, non possedendo doti divinatorie, ho iniziato a riflettere. Il tarlo della curiosità mi ha spinto ad affrontare il problema.
Lungi dall'aver trovato risposte, ma gli spunti di riflessione mi si sono palesati in tutta la loro incredibile evidenza.
Non è credibile che il successo sia il frutto di una conversione di massa del pubblico che porti alla fede cieca nel valore dell'artista. Condivido l'opinione di Bauman che relega al puro folclore il fatto che il successo sia un dono del Fato.
"«Essere scoperti» dal Fato, incarnato da un protettore di quelli che contano o da un brillante mecenate in cerca di talenti finora non riconosciuti, o semplicemente non apprezzati come dovrebbero, è stato un motivo molto frequente nel folklore biografico di pittori, scultori e musicisti fin dalla fine del Medioevo e dall’inizio del Rinascimento. "
Fatta salva la mia opinione che il successo sia il frutto di un duro lavoro inserito in quello che Sartre ebbe a definire"progetto di vita", si devono comunque mettere in evidenza quei "segnali" per tracciare il percorso più breve per raggiungere la meta.
Da esterno, e non parte in causa, individuo solo i fattori. Ma questi possono essere presi dagli aventi causa (gli artisti destinatari di questi consigli), in strada per il successo o in procinto di intraprenderla, come dei segnali da utilizzare per tracciare il percorso.
Credo che ognuno, sulla base delle proprie valutazioni, debba trovare i fattori che considera più validi partendo dalle biografie degli artisti che la fama l'hanno raggiunta e dalla realtà contingente in cui è immerso. Quella realtà di cui ha esperienza e con cui deve fare i conti. Gli elementi ci sono tutti, sono sotto gli occhi di tutti; bisogna solo individuarli e se sono ostacoli rimuoverli e se sono fattori positivi coltivarli.
Mi piacerebbe avere un confronto con i diretti interessati, quelli cioè che intraprendono la strada e non vogliono limitarsi ad aspettare il volere del Fato.
Già ho invitato a leggere i consigli di King dove si parla di quello che c'è da fare, o i consigli di altri grandi di successo. Ma questa nuova impostazione solleva tanti nuovi argomenti. Alcuni di questi, già messi in evidenza in altri post che trattano aspetti più reconditi, dovranno essere individuati e valutati con il giusto peso.
Gli elenchi sono sempre un buon punto di partenza.
Il termine "possibile" sottintende la non esaustività, né certezza che siano i principali elementi costruttivi dell'algoritmo che guiderà il possibile calcolo probabilistico, o gli elementi su cui lavorare per migliorare la propria posizione se siete dei produttori.
1) Ambiente: in cui si forma e in cui opera l’artista.
2) Originalità/attualità: grado di innovazione nella forma espressiva e grado di innovazione nei contenuti.
3) Età: misura del tempo che rimane per conseguire i riconoscimenti e misura del tempo consumato per raggiungere la posizione occupata.
4) Capitale economico: proprio o di terzi che consenta all'artista il proseguimento del proprio lavoro con serenità di spirito; che consenta investimenti adeguati nella produzione di opere; che consenta adeguate strategie di marketing, che vanno dall'organizzazione di mostre al finanziamento di rapporti sociali in un territorio più o meno ampio.
5) Geolocalizzazione: ovvero il luogo in cui è stabilmente o temporaneamente. Provenire ed operare in un determinato territorio può essere più o meno premiante o penalizzante. Il valore del territorio non è costante nel tempo e può essere soggetto a rivalutazione storica o, viceversa, ridimensionamento. Per esempio Parigi e la Francia durante i due secoli scorsi, gli Stati Uniti nel secondo dopoguerra e i paesi emergenti oggi, come la Cina, che risultano delle enormi incognite. Per quanto riguarda il nostro territorio nazionale tali considerazioni valgono, seppur in maniera meno macroscopica e più articolata.
6) Socialità: alcuni segmenti della società partono in salita, altri in discesa. Per l’artista determinare dove è collocato e come poter modificare la propria posizione è una questione importante. Spesso il successo dipende da condizioni sociali e dalle relazioni che ne conseguono. Raggiungere determinate persone e il modo con cui questo contatto avviene risulta cruciale nel raggiungimento degli obiettivi. Così come è discriminante l’appartenenza a determinate categorie particolari caratterizzate da orientamenti sessuali, religiosi, politici. Questi fattori possono aiutare od ostacolare il raggiungimento degli obiettivi.
7) Preparazione culturale: l’artista intellettuale è sempre stato un personaggio in grado di conquistarsi i favori di alcuni segmenti della società. La cultura in generale può essere fonte d’ispirazione e sostegno delle proprie tesi estetiche.
8) Carattere: la stabilità emotiva può essere un fattore determinante, così come la determinazione e l’autostima. Gli aspetti caratteriale dell’artista possono essere fattori molto determinanti nella sua ascesa al successo. Possono favorire od ostacolare la sua carriera. Esempi che comunque contraddicono la positività o negatività di un determinato aspetto caratteriale ci sono in abbondanza nella storia dell’arte, ma dobbiamo comunque tenere presente che questi vanno considerati anche nel più ampio quadro di relazioni interconnesse a tutti gli altri fattori da tenere presenti. Forse l’unico aspetto caratteriale indipendente, generalizzabile e determinante, potrebbe essere la “determinazione”.
9) Padronanza tecnica: un fattore da non sottovalutare, anche a fronte di un procedere concettuale prevaricante: la tecnica. La percezione del pubblico su questo fronte nell'accettazione dell’opera è fondamentale.
10) Legami storici: l’artista, per quanto operante “quì ed ora”, deve avere solide radici impiantate nella storia dell’arte, soprattutto recente. L’individuazione della categoria d’appartenenza o l’apparentamento ad una scuola di pensiero costituiscono punti di forza che agiscono sul pubblico in maniera inconscia e sulla critica in maniera conscia e determinante nella sua collocazione e gradimento.
11) Appartenenza di genere: le distinzioni di genere vanno fatte. Purtroppo l’appartenenza di genere è un fattore di forte discriminazione. Il mercato dell’arte è dominato pesantemente dal genere maschile. Solo da pochi anni si assiste ad una apertura nei confronti delle donne, anche se sul fronte produttivo e, sopratutto accademico, sono il genere prevalente in termini numerici.
12) Capitalizzazione nomea: con capitalizzazione nomea si definisce la quantità di fama acquisita tramite l’attività artistica e/o la diffusione del nome tramite marketing. Quello che va messo subito in evidenza è la correlazione di questo fattore con l’età o meglio con il suo inverso che potremmo definire “orizzonte temporale ” inteso come quantità di tempo rimanente per il raggiungimento del successo.
Dodici punti, degli innumerevoli, che possono comporre la realtà oggettiva in cui l'artista è pregno. Dodici punti il cui peso andrà determinato, Dodici punti da incrementare di sotto-punti forse, oppure di accorpare in quanto inutili ripetizioni o sfaccettature ininfluenti ed assimilabili ad altri.
venerdì 9 novembre 2018
Non io, tu. Una riflessione sulla mostra di Elena Cantaluppi allo Studio Bolzani
Non io, tu
e
Le teste scambiate
di Thomas Mann
forse allora provai un senso di "già vissuto". Quello che è certo è che la mia terza esperienza fu quella che tirò fuori definitivamente i collegamenti tra queste varie forme di "Non io, tu!". Ero in vacanza sul lago e mio figlio, dedito a letture meno trash di quando avevo le ginocchia sbucciate negli incidenti di cortile, in un'età all'incirca di quella che avevo io quando incappai nel mio primo "Non io, tu!", si dilettava della lettura di libri per ragazzi della serie "Piccoli brividi". In quel frangente, non avendo niente da leggere, pescai dalla sua scorta e qui incappai nel mio terzo "non io, tu". Ormai mi era ben chiaro lo schema. Lo sviluppo della storia, la creazione del sospetto, la quasi certezza, il colpo di scena finale che ribalta i ruoli. Ed è così che negli anni mi sono imbattuto in ben tre diverse forme di "Non io, tu!": il fumetto, il film e il libro per ragazzi. A questo punto, avendola trovata con cadenza irregolare, questa forma narrativa aveva assunto per me una regola aurea. Ora la ritrovo in un'altra forma di espressione artistica: la fotografia d'arte.
La fotografia d'arte è una forma di espressione artistica il cui senso non risiede prettamente nell'immagine. Quella è la fotografia pura e semplice. La foto artistica anela esprimere l'arte che è nell'artista; né più né meno che altre forme di espressione artistica come la pittura e la scultura. E cosa troviamo in questa serie di opere di Elena Cantaluppi se non una serie di opere all'insegna del "Non io, tu!"? Un "tu" che rimane nel riflesso delle vetrine dove simulacri di esseri viventi indossano vestiti che prossimamente saranno il complemento di qualcuno. Le immagini sembrano volerci ammonire: non sono io ad essere un inanimato essere senz'anima, ma sei tu ad esserlo. In una società disumanizzata parrebbe essere la vita artificiale ad umanizzarsi.
Già nel 1992 J. Doyne Farmer e A. A. Belin preconizzavano che "... nel giro di 50 o 100 anni al massimo emergerà una nuova classe di organismi. Si tratterà di organismi artificiali, Nel senso che saranno progettati da esseri umani, ma potranno anche riprodursi e si evolveranno, assumendo una forma diversa da quella originaria; saranno insomma, organismi viventi, qualunque sia la definizione che si attribuisce a questo termine"
Anche questa distopia sembrerebbe essere lontana da Cantaluppi tanto quanto quella del "Non io, tu!", ma forse la quadratura del cerchio arriva se si considera che noi non vediamo le cose come sono, le vediamo come siamo. Questa massima, che è del Talmud, sintetizza l'idea del rapporto dialettico esistente tra l'opera d'arte e lo spettatore, in relazione al rapporto esistente tra l'opera d'arte e il suo creatore. Spesso si sente la domanda: cosa significa? Cosa ha voluto dire l'artista? Questi sono sempre stati i veri "falsi problemi" dell'arte. Quello che vuole esprimere l'artista è una cosa, quello che è l'opera è un'altra cosa e, infine, quello che recepisce lo spettatore e altra cosa ancora. Tutto dipende dalla dialettica della mediazione tecnica, nel caso del rapporto tra l'autore e l'opera, e della dialettica tra opera e il bagaglio culturale dello spettatore nella lettura nella stessa; ovvero del Corpus mysticum cristallizzato nel Corpus mechanicum che visivamente lo spettatore percepisce. Da questa dialettica, quindi, mi nasce un legame della mia memoria con i manichini di Elena. Questi per me sono la formalizzazione di una società disumanizzata, e quindi incompleta, che, riflessa nelle vetrine, si ritrova a scaricare sugli altri il dramma della propria vita: "Non io tu!". Questa sancisce l'inconsapevolezza degli individui di essere esseri incompleti. Tu, che sei me, e un me riflesso, incapace di sentirti unico, nel senso di unito e completo. Incapace di sentirsi manichino di se stesso, che spesso cerca nell'artificiale quanto rimane dell'umanità. Il manichino, quindi, come metafora dell'apparenza, che ci ammonisce con il suo silenzio dicendoci che: "non sono io ad apparire umano ma sei tu." Sei tu ad essere incompleto, tu che sei "quasi".
E Thomas Mann? Beh, questo un'altra volta.
mercoledì 19 settembre 2018
Il moralismo laico di Alessandro Di vicino Gaudio
Il tratto veloce che rasenta lo stencil senza mai avvicinarcisi, un bianco e nero che solo di recente è stato mitigato da cromatismi che rimandano alle origini dei graffiti più classici: i tag e le calligrafie, che sono diventati le note distintive del suo lessico.
Gaudio ci narra storie, e le storie sono il suo fare arte; un arte narrativa. Le sue sono sempre storie in ambito sociale, spaccati critici dei nostri comportamenti. Non sono mai narrazioni di singoli individui riconoscibili per loro particolare condotta. I suoi soggetti sono archetipi della collettività. La sua critica potrebbe essere il frutto di un moralismo non confessionale. Il suo dovrebbe essere definito un moralismo laico. Un moralismo che si distingue da quello religioso in quanto tollerante verso la devianza dai dogmi. Un moralismo che non impone divieti, come fa il moralismo religioso che si scaglia contro, e indifferentemente, sia al "malum in se" che al "malum prohibitum".
Nella mostra presso lo Studio Bolzani , con la sua narrazione per immagini, Di Vicino Gaudio prende spunto da alcuni principi, i vizi capitali, per traslarli dai comportamenti dei singoli a quelli della società in generale e così facendo il suo giudizio non censura il comportamento dei singoli ma ricerca le radici sociali di questi mali.
lunedì 18 giugno 2018
Indagine sulle codizioni degli artisti nel mercato: una riflessione sul genere.
Senza entrare troppo nel dettaglio di tutti i dati, che possono essere letti e scaricati dal loro sito, la prima cosa che mi è saltata agli occhi è che forse le modalità di intervista abbia condizionato anagraficamente la platea del campione intervistato dando una visione un po' distorta della realtà.
Considerando che il 37% si dedica alla produzione artistica da 1 a5 anni, il 29% dai 5 ai 10 anni, il 22% da 10 a 20 anni, solo il 6% dai 20 ai 30 e il 4% da più di 30 anni, si vede bene che il campione è composto principalmente da giovani (il 66% si dedica all'arte da meno di 10 anni), mentre solo il 6% è riuscito a superare i 20 anni di carriera. Una ecatombe? Un arrendersi prematuro? Non è dato da sapere.
Nonostante ciò è interessante vedere come le tradizionali due dimensioni rimangano in testa nella classifica delle modalità di espressione: 68%; mentre l'arte digitale supera di poco la scultura: 34% rispetto al 31%; mentre i designers e i performers rimangono in coda con il 18 e il 16%, superati di poco dai video artisti (27%). Vista la platea di giovani ci si sarebbe potuto aspettare ben altri risultati.
Un' altra cosa che stupisce, e che potrebbe rendere meno attendibile l'indagine, è che il 50 % delle risposte viene da donne, il 40 da uomini, il 5% da bisessuali e il 5% che non vogliono dichiararsi. Dico che la cosa che stupisce è proprio l'alta presenza della componente femminile del campione. Nei licei e nelle accademie questo può tranquillamente essere vero, ma nel "mondo del lavoro" questa massiccia presenza non risulta affatto. Basta prendere un catalogo d'asta, dare una scorsa ai nomi di una rassegna d'arte o ad un libro di storia dell'arte, per rendersi conto di come i risultati delle interviste siano falsati probabilmente dal mezzo di comunicazione e dalla forte compagine degli esordienti. Un'altra ipotesi potrebbe far dipendere la diminuzione della componente femminile dalle schiere di artisti è che esse vengano falcidiate dopo i 10 anni d'attività. Va bene per loro lo studio, l'inizio della carriera passi, ma non la matura professione (quella che fa durare l'artista nei secoli). Il panorama rimane quindi sessista non per vocazione, ma per selezione naturale.
Altra ipotesi è che il dato distorto del campione preso in esame dipenda prevalentemente dall'area geografica: il 75% del campione risponde dagli USA, il resto da Inghilterra (6%), Canada (4,5%), Francia (3%), Germania (2%), India (2%), Emirati Arabi (1%), Messico (1%) Australia (1%) e tutte le altre nazioni (4,5%). L'Italia è tra l'indistinto 4% di tutte le altre nazioni. Anche questa marginalità dell'Italia risulta un fatto particolare. Il paese dove nasce il Rinascimento, che ha la maggior concentrazione di beni culturali, viene annoverato nell'indistinto panorama artistico descritto come "altre nazioni".
mercoledì 28 marzo 2018
Daniele Cima
venerdì 22 dicembre 2017
Il mercato, sempre lui
Spero possiate apprezzare i ricorsi storici e le perenni ripetizioni degli stessi argomenti.
mercoledì 8 novembre 2017
Gli italiani hanno speso 68,4 miliardi
Come? Le ipotesi sono tante, e si potranno inventare soluzioni con un poco di fantasia.
domenica 15 ottobre 2017
Entropia culturale
giovedì 5 ottobre 2017
Umberto Lilloni e le collezioni d'arte delle banche
venerdì 4 agosto 2017
Polimorfismo dei luoghi d'arte
Ed è proprio questo altro che si vorrebbe definire ed inquadrare in qualche modo.
Quante forme diverse richiede la contemporaneità per definire una attività che ormai ha già alle spalle un paio di secoli di rodaggio? Per trovare una parola per definire questi altri luoghi o attività connesse potremmo dire: galleria d'arte, associazione culturale, fondazione, studio d'arte, art advisoring e chi più ne ha più ne metta. Bisogna comunque notare che dalla seconda metà del secolo scorso, il moltiplicarsi delle definizioni ha subito una brusca accelerata. Se ancora nei primi del novecento le gallerie, almeno in Italia, avevano un matrice unica, o almeno molto simile, sicuramente l'esponenzialità della diversificazione delle formule costitutive la si ha con la fine del secolo e con l'inizio del nuovo millennio.