Artnet pubblica una dichiarazione di Jerry Saltz in cui si mette in evidenza che solo l'uno per cento dell'uno per cento dell'uno per cento fa soldi con l'arte.
Una rivelazione superficiale, approssimativa, ma vera nella sua essenzialità.
Il mercato dell'arte è come l'arte stessa: incomprensibile!!
Per meglio dire: il mercato dell'arte non è assimilabile a quello di altri settori merceologici. La peculiarità del prodotto lo rende unico ed irripetibile.
Tempo fa mi domandavo su twitter, un po' retoricamente, se una vendita importante possa portare dei benefici anche agli operatori "minori" che guardano da lontano e dal basso i "giochi dei grandi".
Di vendite multimilionarie ce ne sono a iosa, ma di ricadute verso il basso non altrettante.
Una volta ero aduso rappresentarmi il sistema dell'arte come una monade, o meglio, come un "sistema chiuso ed isolato". Una sorta di analogia con i sistemi degli enunciati di fisica, tanto per intenderci. Così, per capire il mercato dell'arte, prima si dovevano capire i principi della fisica elementare, e più propriamente quelli della termodinamica. Se il "sistema dell'arte" è un sistema chiuso ed isolato nulla può entrare e nulla può uscire. Pertanto, al suo interno, tutto può solo concentrarsi o distribuirsi. Tutto si trasforma in considerazione delle proprie dinamiche interne. Il sistema non può crescere ne diminuire.
In questa visione ideale come potremmo inquadrare la vendita per 170.000.000$ di un dipinto di Modì?
Sicuramente non un accrescimento, visto che il sistema è chiuso ed isolato. Dovremmo quindi considerare questo evento solamente come una azione atta alla concentrazione delle risorse economiche a discapito di altri fenomeni maggiormente dispersivi.
Ma oggi come oggi, il mercato dell'arte non è più così isolato. Esso è partecipe e partecipato da una pluralità di "mercati" che si muovono in tutte le direzioni con repentini ed improvvisi cambiamenti. Tale cambiamento non so quando sia avvenuto, ma sicuramente qualcosa è successo. Forse quando è stato venduto il primo Van Gogh da record: "i girasoli". Ricordo quanto scalpore fece quella vendita allora per una cifra che oggi ci lascerebbe del tutto indifferenti. Ma poco importa quando. Quello che importa è che si sono aperti dei buchi che fanno entrare ed uscire risorse dal sistema.
Allora, si torna alla domanda originale: le vendite a prezzi record portano dei benefici anche ad altri operatori?
La vendita record soddisfa prevalentemente tre soggetti: venditore, acquirente, e non ultimo il mediatore. ... e gli altri?
Un dubbio mi sovviene ... Nel 1990 sono scaduti i diritti d'autore sulle opere di Modigliani. Ma se la legge che tutela i diritti patrimoniali, soprattutto con il diritto di seguito, fosse ancora valida? Se nel caso di decadenza per limiti di tempo questi diritti venissero un po' spalmati su quanti oggi provano a rinnovare il mondo dell'arte con lo studio, l'esecuzione, la produzione, la divulgazione, la critica, etc., non si riuscirebbe a portare un po' di equità nel sistema. Dopotutto se si torna ad un immagine rappresentativa di un sistema chiuso una così forte concentrazione comporta una enorme sottrazione di risorse a discapito di altri.
Pertanto siamo al punto di partenza. I record d'asta fanno bene o fanno male?
Più probabilmente viviamo in mondi paralleli ed intangibili dove noi novelli Sisifo continuiamo a lavorare per ridurre i buchi del sistema che portano la dispersione, a quell'aumento dell'entropia che prima o poi cancellerà tutto. Noi che siamo in quel 99,99999% che cita Jerry Saltz in quel suo accorato sfogo..
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